26 Gen I martiri di Nagasaki celebrati in Messico?
I lavori, eseguiti nel 1959 nell’antica chiesa del Convento Francescano di Cuernavaca in Messico, hanno portato alla luce pitture murali sulle pareti della chiesa. Sotto uno strato di calce sono state scoperte alcune scene raffiguranti il martirio di ventisei cristiani condannati a morte a Nagasaki il 5 febbraio 1597, in seguito al naufragio del galeone San Felipe sulle rive dell’isola di Shikoku. Una serie di intrighi e incomprensioni ha portato alla confisca del ricchissimo carico del galeone e alla condanna dei ventisei cristiani arrestati a Kyoto, sacerdoti e laici, giapponesi e occidentali, adulti e bambini, gesuiti e francescani. Questa scena, accanto a altre collocate sui muri della chiesa, corrisponde da vicino alle fonti scritte che descrivono l’esecuzione.
La crocifissione esisteva in Giappone prima dell’introduzione del cristianesimo: sin dall’epoca di Heian (794-1185) era la modalità di esecuzione riservata ai ladri. I condannati, dopo essere stati mutilati ed esibiti per le strade, venivano legati (e non inchiodati) a una croce. Due carnefici avevano la responsabilità di incrociare le lance davanti agli occhi di ogni condannato per spaventarlo, poi di trafiggerlo all’altezza del torace. È tale il momento che questo dipinto illustra. Gli artisti hanno raffigurato una doppia “colonna di fuoco” sopra uno dei condannati, segno che certifica l’origine francescana dell’opera. I francescani infatti hanno interpretato la presenza della colonna di fuoco al momento dell’esecuzione come un evento soprannaturale: gli artisti, quindi, tradussero letteralmente il fenomeno che, peraltro, è sempre stato negato dai gesuiti.
La notizia del martirio era giunta in Messico alla fine di dicembre 1597, come dimostra il diario di un nobile azteco. L’anno successivo, nel dicembre 1598, i francescani portarono in Messico le reliquie dei martiri. Il convento francescano di Cuernavaca si trovava sulla strada che univa Acapulco, porto di arrivo del galeone Manila, alla capitale messicana. I francescani partiti per le Filippine o il Giappone si erano tutti fermati in questo convento, episodio che spiega il desiderio di celebrare in tal luogo i martiri, tra i quali vi era il frate francescano Felipe de Jesús (1572-1597), protomartire dal Messico.
La crocifissione esisteva in Giappone prima dell’introduzione del cristianesimo: sin dall’epoca di Heian (794-1185) era la modalità di esecuzione riservata ai ladri. I condannati, dopo essere stati mutilati ed esibiti per le strade, venivano legati (e non inchiodati) a una croce. Due carnefici avevano la responsabilità di incrociare le lance davanti agli occhi di ogni condannato per spaventarlo, poi di trafiggerlo all’altezza del torace. È tale il momento che questo dipinto illustra. Gli artisti hanno raffigurato una doppia “colonna di fuoco” sopra uno dei condannati, segno che certifica l’origine francescana dell’opera. I francescani infatti hanno interpretato la presenza della colonna di fuoco al momento dell’esecuzione come un evento soprannaturale: gli artisti, quindi, tradussero letteralmente il fenomeno che, peraltro, è sempre stato negato dai gesuiti.
La notizia del martirio era giunta in Messico alla fine di dicembre 1597, come dimostra il diario di un nobile azteco. L’anno successivo, nel dicembre 1598, i francescani portarono in Messico le reliquie dei martiri. Il convento francescano di Cuernavaca si trovava sulla strada che univa Acapulco, porto di arrivo del galeone Manila, alla capitale messicana. I francescani partiti per le Filippine o il Giappone si erano tutti fermati in questo convento, episodio che spiega il desiderio di celebrare in tal luogo i martiri, tra i quali vi era il frate francescano Felipe de Jesús (1572-1597), protomartire dal Messico.