François Bœspflug
Le convinzioni, le dottrine e le esperienze religiose si esprimono e si trasmettono attraverso parole e discorsi, ma anche grazie a forme visibili, in “quadri”. Ma il risultato non è garantito a priori: né le parole sono certe che potranno essere giuste e esplicative né le forme di essere belle e benefiche. La frequentazione prolungata di testi – in particolari filosofici e teologici – poi la contemplazione tenace di opere d’arte visive – in particolare religiose – hanno fatto nascere e crescere in me la necessità e il gusto, e ben presto l’abitudine e il piacere, di esaminarle in modo metodico e critico, sempre restando prudente e rispettoso.
Questo gusto di valutare le opere d’arte dopo averle studiate a fondo fu incoraggiato, al punto da diventare un tropismo duraturo, da una doppia Tesi di Dottorato in teologia e storia, che sostenni sul primo testo pontificio che si occupò della possibilità per gli artisti di rappresentare Dio nell’arte, il testo di un papa dell’Illuminismo, Benedetto XIV, pubblicato nel 1745. Da quel momento mi sono appassionato alla rappresentazione di Dio e del divino, non solo nel cristianesimo occidentale ma anche nei cristianesimi d’Oriente e anche oltre il cristianesimo, nell’arte dei monoteismi abramitici. E, essendo stato a lungo professore di Storia comparata delle Religioni, il mio interesse su questo tema si è allargato alle religioni dell’Antichità e a quelle dell’Asia.
Ho allenato gradualmente il mio approccio alle opere di arte religiosa a liberarsi dai criteri di valutazione che si basano esclusivamente o prioritariamente sull’approccio estetico, sulla loro presunta qualità ortodossa, tradizionale, pia ed edificante, cercando piuttosto di favorire, e di imparare a valutare il più possibile altre qualità delle opere d’arte, quali la singolarità e originalità delle rispettive iconografie, o al contrario il loro tratto convenzionale, il valore arricchente che esse hanno per la vita dello spirito o al contrario la loro assenza di un contributo innovativo, il loro accordo – talvolta audacemente innovativo – con la tradizione alla quale appartengono, la loro qualità di presenza e la loro capacità di sorprendere o addirittura di produrre un incontro, proprio come accade per l’arte dell’icona.
François Bœspflug